HIGHWAY TO HELL


La strada sembrava infinita, fuori era sempre più buio, Frank guardò il suo orologio, erano in viaggio da una vita, sarebbero già dovuti arrivare a destinazione. Guardò nello specchietto retrovisore gli ospiti del suo taxi, tipi strani, ma pagavano bene, lei indossava un mini-abito in lurex argenteo che sprizzava taglienti bagliori, lui un completo nero sopra una camicia bianca con un cravattino di velluto nero ed un cappotto corto, un cappello calato sulla fronte gli nascondeva la parte alta del viso.
“Signore, mi scusi, ma è sicuro che la strada sia questa? Da quanto mi aveva detto saremmo dovuti arrivare da un pezzo…”.
“Vada avanti, vedrà che arriveremo, non si preoccupi, le pagherò tutto il tempo necessario”, rispose secco.

Frank bofonchiò qualcosa tra sé e spinse un poco sull’acceleratore, il suo lavoro da taxista lo aveva abituato a vedere e fare le cose più assurde, ma in una ideale classifica, questa serata avrebbe probabilmente meritato un posto d’onore. La chiamata l’aveva portato in una stradina di periferia, un marciapiede semi-buio ed ingombro di robaccia abbandonata, sul bordo sostavano i due clienti, malgrado in giro ci fossero varie persone strane nessuno pareva fare caso a loro, men che meno volergli arrecare alcun fastidio. Eppure lui aveva un aspetto agiato, vestito in maniera quasi lussuosa, era sicuramente un bersaglio appetibile per gli sbandati della zona. Lei poi non passava certo inosservata, il giacchino che indossava sopra il mini-abito non serviva certo a nascondere la bellezza di due gambe inguainate in calze velate ed arricchite anch’esse da una trama lucente.

Anche le ultime luci erano svanite ai lati della strada, l’unica compagnia alla sua guida erano le linee bianche che guidavano l’auto verso non si sa bene cosa, il navigatore poneva la destinazione in una zona deserta con unico punto segnato l’hotel indicato dall’uomo. Frank guardò l’indicatore della benzina che iniziava a scendere pericolosamente in basso, “Dobbiamo fare benzina!”, annunciò al cliente seduto dietro fissandolo nello specchietto, “più avanti il navigatore mi segnala una pompa, nel caso vogliate sgranchirvi le gambe approfittatene!”, aggiunse.

Come segnalato in lontananza, dopo una mezzora, cominciarono ad apparire delle luci, la pompa apparve poco dopo alla sua destra, evidentemente aveva visto tempi migliori, appariva piuttosto malmessa, bidoni abbandonati qua e là, pompe scrostate, la pensilina sbrecciata. Nella corsia interna un bilico era fermo a fare rifornimento con la pompa inserita nel serbatoio. Oltre si vedeva un bar ancora aperto, con delle mezze luci accese dentro, Frank si accostò alla seconda linea, quella esterna e libera, spense l’auto e scese. Mentre metteva le banconote nel chiosco automatico vide i due ospiti dirigersi verso il bar, lei ancheggiando sensualmente sui lunghi tacchi, lui con le mani in tasca.

Finì di fare il pieno e girando dietro l’auto per tornare al posto guida scorse l’entrata malconcia del bar, dietro il bancone stava un tipo piccolo e dimesso con un cappellino baseball calato sulla fronte che guardava la televisione. Fuori dalla porta c’erano i due guidatori del tir, grassi, macchie di sporco sulle maglie portate per metà fuori dai pantaloni, stanno fumando e parlando ad alta voce. Dentro vedo l’uomo elegante che sta facendo i conti con il tipo al banco ed acquistando alcune cose che ha appoggiato davanti a lui, lei esce da sola. Fa fatica ad uscire perché i due camionisti occupano lo spazio, chiede permesso, lui è distratto dentro il locale. Loro due dicono qualcosa alla donna, uno fa chiaramente un apprezzamento pesante fissandole le gambe meravigliose, l’altro la tocca lascivamente, lei lo colpisce con uno schiaffo. A questo punto il primo camionista cambia espressione e le mette entrambe le mani addosso immobilizzandola, il secondo le infila oscenamente una mano sotto l’abito corto, poi iniziano a trascinarla verso il retro della baracca. Sto decidendo di intervenire quando vedo l’uomo elegante uscire e vedere il trio sparire dietro l’angolo, con glaciale calma si dirige anche lui dietro la baracca, mi affretto a cambiare visuale spostandomi sull’altro lato della pensilina per essere pronto ad intervenire o chiamare aiuto.

Vedo l’uomo in mezzo ai due energumeni leggermente piegati verso di lui, gli sta sussurrando qualcosa all’orecchio, la donna, liberata, viene tranquillamente verso l’auto. Mentre lei apre la portiera e vi entra senza fare una piega, il suo uomo sparisce dietro il locale assieme ai due figuri, vedo che lei non dice niente, quindi mi siedo al mio posto ed attendo. Dopo un poco l’uomo arriva camminando tranquillamente, senza una sola piega addosso, ritengo non sia il caso di fare domande. Sale in auto e mi dice “Andiamo, parta, che abbiamo già perso troppo tempo qui!”.
Accendo l’auto e partiamo con un filo di gas accelerando progressivamente, intanto dietro il locale, alcuni magri cani randagi stanno annusando con interesse due grossi uomini con la barba dalle cui gole recise esce sangue a fiotti.

Il buio è nuovamente tutto attorno a noi, l’unico segno di quanto è successo è un certo rossore sulle guance della donna, noto qualcosa di strano e guardo meglio, la vedo muoversi. Sposto leggermente lo specchietto per avere una visione migliore del divano posteriore, vedo la mano dell’uomo sotto il vestito di lei. La donna ansima leggermente, apre le gambe poi le richiude alternativamente per agevolare e stringere la mano dell’uomo che la sta toccando. Faccio finta di niente, il respiro della donna aumenta sempre di più, così come i suoi movimenti sinuosi, lui appare quasi indifferente, vedo la balza in pizzo delle sue calze affiorare con il vestito che si arrampica sulle sue splendide cosce a causa del movimento. Faccio in tempo a vedere che lei ha un ultimo sussulto, poi chiude gli occhi e resta in silenzio, proseguiamo la nostra marcia nel buio.

Chilometri a non finire, pare di essere in un mondo dove esistiamo solo noi, i fari dell’auto tagliano la strada, continuo a chiedermi come sia possibile che su entrambi i lati della strada, a perdita d’occhio, non si veda nemmeno una luce, è come essere immersi in fondo all’oceano. Una luce ospite illumina debolmente i miei clienti, lui ha sempre il cappello calato sugli occhi vacui, lei ha appoggiato la testa sulla sua spalla ed i lunghi capelli biondi le coprono il viso. Il navigatore mi indica solo la strada assolutamente dritta che corre senza fine e non segna nessun punto di interesse vicino. La radio inizia a trasmettere Highway To Hell ed inizio a chiedermi dove mi sta portando questo viaggio senza fine nel nulla. Mentre mi arrovello dal nulla un faro mi acceca costringendomi a frenare di colpo, due lampeggianti blu creano un effetto distopico, nell’accecante lampo sento una voce che mi intima “Signore accosti per favore, e spenga la macchina.”

Come un automa eseguo l’ordine, la luce si spegne e rimangono solo i lampeggianti ed i fari dell’auto, l’inconfondibile sagoma della Ford Crown Victoria Police Interceptor, che illuminano la scena. Sento bussare al finestrino, un poliziotto in uniforme kaki e cappello mi fa segno di abbassarlo, cosa che faccio immediatamente. “Buonasera agente, qualcosa che non va?”
“Stava cercando di decollare signore? Favorisca patente e libretto per favore, e tolga le chiavi dal cruscotto.”
“Agente mi perdoni, a parte noi non c’è nessuno in questa strada infinita”, mi giustifico mentre prendo i documenti dal porta-documenti”. Glieli porgo osservandolo meglio, media altezza, ben piantato, viso severo, non dice una parola, si dirige verso la loro auto con i documenti in mano. Vedo il suo collega girare attorno al mio taxi, decisamente sovrappeso per non dire obeso, la cintura gli stringe sotto la pancia, ansima leggermente per via del grasso che l’opprime, riesce persino a sudare. Ora è dal lato opposto e sta guardando il mio cliente seduto che non muove nemmeno un sopracciglio, poi gira attorno all’auto venendo a porsi fuori dal finestrino posteriore dal mio lato. Bussa al finestrino, io aziono il comando elettrico e lo faccio scendere, la donna seduta dietro di me si gira verso di lui, ora ha indossato un paio di occhiali a specchio, lei accavalla in maniera provocante le gambe, il mini-abito in lurex le sale mostrando all’agente larga parte della coscia inguainata nella lycra, sento percettibilmente l’uomo sussultare. Dietro di lui si è posizionato il collega si unisce alla vista, mostrando in maniera chiara la sua approvazione facendo schioccare le guance ed emettendo un piccolo fischio.
L’agente con i miei documenti viene ora da me, “Signore, lei andava ben oltre la velocità consentita, deve lasciare qui l’auto e seguirci in stazione”
Inizio a protestare vivacemente “Come pretende che lasci qui l’auto? Nel nulla? Ed i miei clienti? Cosa dovrebbero fare?”. La discussione ha risvegliato l’attenzione dell’uomo seduto sul divano posteriore, lo sento aprire la porta senza nessun rumore, “Agenti, permettete una parola?”
“Signore rientri in auto per favore!”, gli rispondono mettendo la mano sulla fondina.

La situazione si sta aggrovigliando, la donna scambia le gambe accavallate, il vestito sale ancora di più, si protende leggermente verso i due agenti con un lieve sorriso. L’uomo non si dà inteso e prosegue a camminare verso i due agenti per nulla preoccupato del loro aspetto minaccioso. Gli si avvicina e chinandosi verso di loro gli comincia a parlare a bassa voce, vedo i due agenti togliere la mano dalla fondina, il loro viso inizia a sbiancare sempre più. Fino a che l’uomo si raddrizza e torna con calma verso il mio taxi, l’agente grasso si affretta a rientrare al suo posto nella Interceptor, mentre il collega ben piantato viene da me e mi riconsegna i documenti “Vada, rispetti i limiti di velocità, e faccia attenzione, queste sono zone dove può succedere di tutto, ed intendo veramente di tutto!”.

L’agente si mette al posto di guida della loro auto e riparte sgommando nella sabbia sparendo ben presto, io resto un attimo a guardarmi attorno senza capire, poi accendo il taxi e guardo il mio cliente dallo specchietto retrovisore “Che cazzo gli ha detto per convincerli a lasciarci andare?”, gli chiedo innervosito.
“Gli ho solo chiesto se volevano sapere la cosa che qualunque uomo teme di più.”
“Che sarebbe?”, gli chiedo confuso.
“Il giorno in cui moriranno.”, mi risponde.
Spingo l’acceleratore fino a fondo corsa e la mia auto riparte con un ruggito verso il buio più profondo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vénuste Niyongabo - Intervista su sport e salute al campione olimpionico

LEGAMI DI SETA