CORONAVIRUS - I puntini sulle i
L’Italia è
sempre un paese decisamente strano, fino a gennaio la maggioranza degli
italiani, quel 60% afferente l’area di centro-destra, chiedeva le dimissioni di
Conte e le elezioni anticipate. Oggi il 70% si riconosce nel Presidente del
Consiglio, cosa che non deve stupire, è sintomatico che nei periodi di crisi si
cerchi un uomo forte, una guida. Gli italiani poi sono abituati da sempre a
essere sotto una guida di polso, dalla monarchia a Berlusconi e Renzi tra gli
ultimi esempi. Al conto non manca la classe dei giornalisti, in massima parte
pronti a non inimicarsi il potente di turno e molto sensibili agli andamenti politici.
Ma seguendo il modello anglo-sassone non è forse dovere del giornalista porre
domande scomode? Non dare risposte, quelle competono ai politici, ma chiedere,
il famoso fact-checking, verificare i fatti, le fonti e i dati, e porre
domande, anche scomode, ai governanti. Riprendendo l’incipit iniziale, ora chi
fa domande non ‘gradite’ viene additato al pubblico indice, pare che tutti si
debba essere uniti in una omertà complice evitando di disturbare il corso degli
eventi. Cosa non possibile a nessun giornalista, ma doveroso per mantenere
l’onestà intellettuale ed etica, quindi proviamo a mettere i puntini sulle i
nell’affaire Coronavirus.
Il 19
gennaio viene diffusa la prima notizia relativa al Coronavirus, 1.700 casi
rilevati a Wuhan in Cina, l’allarme arriva dagli scienziati dell’Imperial
College di Londra guidato da Neil Ferguson. Malgrado le smentite di Pechino e
dell’OMS, il team Ferguson insiste, “Non c’è bisogno di essere allarmisti, ma
l’ipotesi dovrebbe essere presa in considerazione seriamente”. Eppure nessuno
si preoccupa più di tanto, a parte scatenare in Italia un feroce razzismo verso
la comunità cinese, fino a quando a Roma due turisti cinesi vengono ricoverati
allo Spallanzani. Qui la prima domanda da porre sarebbe, “Cosa è risultato per fare
sì che il giorno dopo il governo dichiarasse lo stato di emergenza?”. Perché il
1 febbraio, a pagina 7-8 della G.U., mescolato a provvedimenti trascurabili,
veniva inserito “Viene deliberato per sei mesi dalla data del presente
provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario
connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali
trasmissibilì". Tale fatto non è stato meritevole di particolare risalto
da parte del governo e degli organi di informazione, ma in quanti si leggono la
G.U. con attenzione?
Il 20
febbraio, a epidemia oramai conclamata, Putin in 24 ore chiude tutte le
frontiere esterne, annullati treni e voli da e per la Cina, chi entra in Russia
va in quarantena direttamente, a oggi di vittime russe se conta una. Cosa
succede in Italia? Il disastro della modifica al Titolo V della Costituzione fa
sì che #tuttiuniti sia solo uno slogan, dopo avere saccheggiato il debito
pubblico l’autonomia selvaggia devasta la sanità e la prevenzione. Ogni regione
va avanti da sola, Salvini chiede di aprire tutto, Fontana chiude, Zaia vuole
riaprire, Conte tace, Speranza non parla, il 27 febbraio porta il primo morto a
Vò e #milanononsiferma, il video con cui Sala si diverte a minimizzare mentre
Fontana fa l’opposto per i giochi della politica. In Piazza San Marco offrono
l’aperitivo gratis per richiamare gente, Zingaretti si fa contagiare per
offrire una vasca in centro a Milano, nelle zone che diverranno rosse i sindaci
hanno il molo pieno di gente o regalano pacche sulle spalle nei centri anziani
invece di chiuderli. Se il tutto sia incoscienza o dilettantismo è un’altra
domanda da porre.
Così si
passa dagli aperitivi al #iorestoincasa con l’esercito armato in strada come in
certe repubbliche sudamericane, dpcm varati a giorni alterni che sono una
pletora di confusione e pressapochismo. Norme cambiate di continuo, sindacati
che diventano governo svegliandosi dal lungo sonno, diritti e libertà che si
contraggono vieppiù in nome del bene supremo, quante domande irrisolte.
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