Litigi - la vendetta di Joan



Cosa c’è di più bello che riposare nel fresco del proprio letto sentendosi in pace con il mondo? Ma mi sento tirare per un braccio, mi rendo conto che qualcuno mi sta parlando, faticosamente apro gli occhi e vedo la mia Joan che mi strattona, “Dai, ma sei ancora a letto? Muoviti che è tardi, dobbiamo andare, pensavo fossi già vestito e dormi ancora, sarebbe ora la smettessi di stare sempre fuori!”, l’irritazione di mia moglie era chiaramente percepibile.
“Scusami, non è colpa mia se devo lavorare tanto, ma perché devo alzarmi? Dove dobbiamo andare?”
“Stai scherzando? Siamo a cena dai miei, sono settimane che siamo d’accordo”, il tono di voce di Joan stava salendo pericolosamente mentre una fitta di dolore iniziava a farsi strada nella mia testa.
“Cielo, no! Ti prego, l’avevo rimosso, sono stato via tutte le sere, rimanda a domani sera, chiedigli scusa da parte mia, digli che ho la febbre, qualunque cosa, ma non ce la posso fare”, risposi guardandola, era vestita solo con slip e reggiseno a balconcino, in mano teneva un paio di pantaloni ed una maglia larga, abbigliamento perfetto per una serata dai genitori, ma era anche terribilmente sexy e mi risvegliò l’interesse. “Dai vieni qui da me piuttosto”, aggiunsi allungando una mano per tirarla verso il letto.
Mi resi ben presto conto dell’errore guardandola in viso, era diventata gelida come la voce con cui mi apostrofò “Se hai tempo per tutti tranne per me, per una volta che ho bisogno che vieni dai miei, puoi anche rimanere da solo a letto, o portarti una delle tue amichette, a meno che non mi credi stupida, io vado, troverò sicuramente qualcuno che mi degni più di te!”, uscì dalla stanza gettando a terra maglia  e pantaloni, entrò nella stanza del guardaroba, prese dal maggiordomo un mini gonna nera di pelle infilandosela dal basso con stizza, poi una canottiera rossa sempre lasciata lì da qualche tempo, si sedette infilandosi due scarpe rosse con il tacco giacenti da tempo in un angolo e si diresse verso l’atrio. Io la seguivo confuso cercando di calmarla, ma più parlavo, più si infuriava, raccolse con una mano un giacchino di pelle appeso nell’ingresso mentre con l’altra apriva la porta attraversandola come una furia.

Stavo per seguirla, rendendomi conto di essere ancora in pigiama, non era la prima volta che si litigava, come in tutti i matrimoni capita, tornai in camera e mi rivestii in fretta, poi uscii per andare a cercarle contando di riportarla alla ragione come sempre. Ma non bisogna mai essere certi di niente quando si tratta di donne come stavo per scoprire a mie spese, le persone hanno sempre almeno tre facce, quella che ti fanno vedere, quella che tu vuoi vedere, quella che non ti faranno mai vedere. Joan mi aveva sempre mostrato quella di donna integerrima, tutta votata a casa e famiglia, io avevo voluto vedere in lei la compagna affidabile e sicura, ma stavo per scoprire come fosse ugualmente affascinante, recondita, densa di mistero, la sua terza versione. Uscii dal portone trovandomi in strada, nel frattempo avevo telefonato ai suoceri scusandomi per una improvvisa febbre che mi teneva immobilizzato a letto rimandando la cena al sabato seguente, si era fatto tardi e le strade erano poco frequentate, illuminate dai lampioni pubblici. Da che parte poteva essere andata?

Joan camminava spedita facendo risuonare ritmicamente i tacchi sull’asfalto del marciapiede, la rabbia le ribolliva dentro come un vulcano, avrebbe dovuto fargliela pagare, non gli avrebbe rivolto la parola per giorni! Iniziando a sentire male ai piedi, le scarpe che aveva calzato non erano certo adatte a lunghe camminate, si fermò appoggiandosi ad un muro con la schiena. Approfittando della luce del lampione sovrastante cercò le sigarette nella borsetta, con le mani tremanti dalla rabbia che la pervadeva ne accese una ed il fumo iniziò a rilassarla. Si guardò attorno rendendosi conto di essersi allontanata dalla zona di casa verso la periferia, dove di solito passava solo in auto; si trovava in un vialone alberato che dirigeva fuori città, l’illuminazione pubblica schiariva i marciapiedi fiocamente. Guardandosi attorno vide un bar con la serranda chiusa a metà, sia di fronte a lei che ai suoi fianchi, ma a notevole distanza, si distinguevano alcune prostitute che esercitavano il mestiere più vecchio del mondo. Sorrise tra sé pensando che magari avevano meno pensieri loro di lei stasera, Sebastian gliene stava facendo troppe ultimamente, ed era sicura che non le aveva scoperte tutte, anche se aveva forti sospetti, un messaggino sul suo telefono cancellato troppo velocemente, un alone di profumo sui suoi vestiti sconosciuto, uno sbaffo di rossetto sul collo di una camicia seguito da giustificazioni rabberciate, avrebbe dovuto fargliela pagare, in fondo non era poi così male. Dette un altro tiro alla sigaretta inalando il fumo a pieni polmoni, guardò il mozzicone tra le dita, avrebbe dovuto decidersi a smettere, forse era ora di tornare a casa, fece cadere quel che restava della sigaretta a terra spegnendola con un piede, in quel momento si sentì chiamare.

Sebastian aveva girato tutto l’isolato senza trovarla, i negozi stavano chiudendo, alcune auto passavano veloci dirette verso le proprie case, i lampioni proiettavano la loro luce diafana sui muri dei palazzi e sull’asfalto. Dove poteva essere andata? Si fermò a pensare, lì intorno non c’era, locali aperti dove poteva essersi seduta nemmeno, che si fosse diretta verso la circonvallazione? Magari in preda alla rabbia non aveva fatto caso alla direzione, se era così si sarebbe dovuto affrettare, in quella direzione non c’era nulla e vestita come era uscita non era certo nella situazione migliore per passeggiare da quelle parti.

“Signorina”, pronunciava la voce, “hey, dico a lei”, di fronte a lei, sul limitare del marciapiede, si era fermata una grande berlina nera, al posto di guida si vedeva un autista con il cappello calato sul viso, dietro di lui, nella seduta posteriore, il finestrino era stato abbassato completamente ed un uomo dall’aspetto distinto aveva la testa fuori mentre le parlava. Joan si guardò attorno, “Ma dice a me?”, gli chiese.
“Sì, sì, a lei, non la ho mai vista, è nuova?”, domandò l’uomo.
Joan si guardò confusa rendendosi conto che era vestita in maniera provocatoria in una zona di prostitute, le autoreggenti a rete che dovevano essere originariamente nascoste dai pantaloni facevano bella mostra sotto la corta gonna che indossava e si intravedeva anche la balza di pizzo. Il giacchino di pelle aperto faceva vedere la canottiera con i primi due bottoni slacciati che metteva in evidenza i seni, indubbiamente l’aveva scambiata per una di quelle, “Ma no, guardi, c’è un equivoco… , io non…”, iniziò confusa a rispondergli.
“Quanto?”, chiese seccamente l’uomo.
“Scusi, non ho capito, cosa intende?”, rispose come stordita Joan.
“Sì, quanto vuole?”, ripetette frettolosamente l’uomo.
“Ma, io, guardi, qui c’è un problema, io…”, le parole le uscivano a bocconi.
“E’ la sua prima volta?”, chiese l’uomo spalancando gli occhi, “Ma davvero? Se è così sarebbe fantastico! Non ho limiti!”

Sebastian arrivò in cima alla strada che finiva sul vialone, qualche rado passante, alcune auto che passavano veloci, altre che procedevano ad andatura moderata e si fermavano in corrispondenza di qualche prostituta ferma sul marciapiede, a volte si apriva la portiera e la donna entrava, altre volte la trattativa non andava evidentemente a buon fine e l’auto ripartiva mentre la lavoratrice del sesso riprendeva il suo posto. Iniziò a scrutare a destra e sinistra, poi la vide, sua moglie stava appoggiata ad un muro, lasciò che lo sguardo scorresse sulle sue gambe, le calze a rete, il tacco che stava spegnendo un mozzicone per terra, il movimento aveva fatto salire leggermente la gonna già corta mostrando ulteriormente la balza di pizzo delle autoreggenti. Lei si girò leggermente e Sebastian potette ammirare il decolleté che sporgeva dal giacchino aperto, il pensiero che vestita e posizionata così assomigliasse in tutto e per tutto ad una prostituta lo fece eccitare, per quanto non lo volesse, era meglio che si affrettasse ad andare da lei prima che qualcun altro lo precedesse.

“Non ha limiti?”, scandì Joan rivolta all’uomo, “non capisco cosa intende?”.
“Che sono disposto a pagarla di più se è davvero la sua prima volta”, rispose l’uomo un poco spazientito.
“Come le dicevo, c’è un equivoco, ho litigato con mio marito e sono uscita a sbollire, non è il mio mestiere questo”, risposte Joan con un mezzo sorriso.
“Lei è un sogno, se suo marito la tratta così è un cialtrone, ma la cosa è ancora più interessante per me, sono disposto a darle 500 euro”.
“No, su non scherziamo, mi ha scambiato per un altro tipo di donna.”, pensò tra sé, figuriamoci se qualcuno vuole pagare per stare con me, poi 500 euro, ma dai.
L’uomo la guardò avidamente, “La desidero e la voglio, quale è il suo prezzo? Tutti ne abbiamo uno, 1000 euro?”, le propose.
Joan rimase interdetta, 1000 euro sull’unghia per fare sesso con me, ma quando mai? Questo è matto. Scossò la testa in direzione dello sconosciuto che però non se ne dette inteso. L’uomo estrasse il portafoglio dalla tasca e iniziò a tirare fuori delle banconote, “Una moglie che non lo fa di professione, è il mio sogno, le lascio tutto quello che ho!”, iniziò a contare il mazzetto di soldi che aveva raccolto in mano, “Sono 2.500 euro, sono suoi, non ho altro, per fare la prostituta per una sera, poi tornerà alla usa noiosa vita normale!”, concluse l’uomo. L’autista inclinò leggermente la testa verso l’esterno accennando un mezzo sorriso.
Tutti quei soldi per me? Joan rimase di sasso, quest’uomo è disposto a darmi tutto quello che ha in tasca e mio marito non mi dedica una serata? Ma il suo essere faceva resistenza, come posso pensare di fare la puttana qui e adesso? Io? Ma dai, siamo seri. Stava per rifiutare cortesemente, magari un pochino a malincuore, quando vide Sebastian in fondo alla strada che la fissava.

Vidi l’auto fermarsi davanti a Joan, il finestrino abbassarsi, la testa di un uomo dall’aspetto distinto, i capelli leggermente imbiancati, una berlina di lusso con l’autista, sporgersi ed iniziare a parlare con mia moglie. Inizia a ridere dentro di me, l’ha scambiata per una prostituta, le sta bene, così impara a trattarmi in questa maniera e ad andarsene in giro di notte da queste parti da sola e vestita così. Adesso aspetto un attimo poi la vado a prendere, lasciamole passare un momento di imbarazzo, le servirà da lezione. Mi fermai lontano convinto che lei l’avrebbe liquidato in fretta e poi sarei arrivato io trovandola piena di vergogna per l’accaduto, ma le cose non andarono esattamente come avevo pensato. Joan e l’uomo continuavano a discutere, lei faceva anche qualche sorriso, lui le mostrava qualcosa, erano soldi, ma perché non lo manda via? Cosa sta succedendo? Sta trattando? Feci qualche passo in avanti, ora lui aveva in mano un grosso fascio di banconote, Joan iniziò un movimento con il corpo, stava accennando un gesto con il capo, poi mi vide, incontrai il suo sguardo e vidi la sua espressione indurirsi, poi rivolgermi un sorriso di scherno. Mia moglie si girò verso l’uomo che aveva la mano con il mazzo di banconote in mano e gli disse qualcosa, la portiera si aprì, vidi le sue splendide gambe inguainate muoversi agilmente e lei entrò nell’auto chiudendosi la portiera alle spalle. Una sgommata e li vidi partire di corsa.

Quando lo vide realizzò tutta la rabbia che aveva covato dentro, il profumo, i no ripetuti, il rossetto sbavato, le disattenzioni, di fronte a lei uno sconosciuto era disposto a svenarsi per passare poco tempo con lei. Il tutto si concentrò in un attimo di pura vendetta e di intrigante trasgressione dal consueto tran tran, ”Va bene, facciamolo!”, rispose all’uomo. Lui sorrise, Joan vide l’autista fissarla sorridendo e mostrando due occhi vacui e divertiti, il passeggero aprì la portiera e lei salì agilmente gettando un ultimo sguardo divertito a suo marito fermo in fondo alla strada che la fissava pietrificato. Appena entrata l’uomo le passò il mazzo di banconote, lei aprì la borsetta e ce lo fece cadere dentro, ed ora? Ora era in gioco e doveva starci, lui lei si avvicinò ed iniziò a baciarla, la rabbia, ma anche la trasgressione, l’eccitazione di un gioco fattosi improvvisamente perverso, ebbero la meglio, gli mise le mani sul petto sentendone il torace muscoloso, la bocca di lui la cercava, lui le sfilò la canottiera lasciandola a vista con il balconcino, l’auto era ripartita, ma ora era già ferma, l’autista si era fermato in un parcheggio poco discosto da dove l’avevano caricata e che noto per questo tipo di incontri clandestini. L’uomo le fece scendere in basso il reggiseno liberandole i seni che iniziò a baciare avidamente. Poi la fece salire a cavalcioni su di lui, Joan notò lo sguardo dell’autista che li fissava dallo specchietto retrovisore, contrariamente a quello che si sarebbe aspettata, la cosa la mandò ancora più su di giri, sbottonò la camicia all’uomo mentre si lanciava in un frogger scatenato, sentiva un calore improvviso che la bruciava. Le mani di lui le stavano strizzando i capezzoli che si erano induriti, le sentì scendere sotto la sua gonna e toccarla nell’intimo, sentì il piacere vibrarle dentro, sicuramente sapeva come muoversi. Lei arretrò sulle gambe di lui e gli sbottonò i pantaloni facendogli svettare il pene, lo toccò ed iniziò a lavorarlo, lui ansimava e le ripeteva quanto fosse bella, eccitante, sexy, la toccò ancora, lei si chinò ed iniziò a baciargli il sesso, lui gettò la testa all’indietro in preda ad un intenso piacere. “Ti voglio”, ansimò l’uomo a Joan, “ora, adesso”. Lei si rialzò leggermente per poi farselo scivolare dentro, lo portò fino all’apice del piacere scossa da fremiti continui, la situazione era quanto di più torbido avrebbe mai potuto immaginare. Lui la fermò, la fece distendere sul divano della seduta posteriore ed in breve le fu dentro, si muoveva con arroganza e potente precisione, iniziò anche a parlare sporco. Il trash talking era una pratica che non le era mai piaciuta, ma quella sera tutto contribuiva ad eccitarla, “Dimmelo ancora”, gli mormorò all’orecchio. Lui riprese ad insultarla con foga, poi la fece girare e la prese da dietro, la spinta era fortissima e la faceva sobbalzare, vide l’autista fissarli senza espressione, l’uomo dietro di lei le affibbiò due schiaffi sulle natiche, erano cose che aveva visto solo fare in qualche film hard. Il tutto andò avanti per almeno un’ora, poi arrivarono al colmo del piacere e si ritrovarono esausti seduti fianco a fianco. Joan si rese conto che era tutto finito, ma non si sentiva in colpa, si rivestì, riprese un aspetto minimamente appropriato, guardò fuori dal finestrino e vide Sebastian che li fissava attonito. Lei gli sorrise, poi si rivolse all’uomo seduto al suo fianco e gli disse, “E’ stato bello, ma non ricapiterà, scendo qui, torno a casa con mio marito”, aprì la portiera e scese, “Grazie comunque”, aggiunse con un sorriso divertito rivolto all’uomo.
“Aspetta”, le disse lui, “è stato bellissimo, indimenticabile, ti ho dato tutto quello che avevo, ma prendi anche questa!”, le porse una rosa rossa dal gambo lungo, “come ricordo di questa notte magica”, concluse. La portiera si richiuse e la berlina ripartì velocemente mentre l’autista le rivolgeva un sorriso dai mille significati. Joan prese la mano di Sebastian ed assieme si diressero verso casa.

Sebastian corse dietro all’auto che si allontanava veloce, non l’avrebbe mai raggiunta ovviamente a piedi, ma la vide svoltare sulla sinistra, girò anche lui l’angolo con il fiato che iniziava a mancargli. Varie automobili erano parcheggiate nel vasto spiazzo semi-buio, al centro c’era la berlina nera su cui era salita sua moglie, avrebbe scommesso che l’autista aveva scelto una posizione centrale proprio per farsi vedere. Corse ancora arrivando a fianco dell’auto, si fermò gelato a vedere la scena che gli si presentava agli occhi. Joan era china tra le gambe dell’uomo e gli stava praticando sesso orale, vide le mani di lui sui seni di sua moglie poi scenderle sui fianchi e toccarla oscenamente. Avrebbe voluto intervenire, ma era come pietrificato, la vide porsi sul suo cliente e farlo scivolare dentro di sé, il pensiero di un altro uomo dentro sua moglie anziché farlo infuriare lo eccitò, era confuso e li guardava inanimato. Poi lui la fece distendere e le andò sopra, la prendeva senza sosta, la fece girare e le andò dentro da dietro, vedeva sua moglie sobbalzare sotto i violenti colpi di anca del cliente. Al posto di guida vide l’autista, questi lo fissava con espressione tranquilla, i suoi occhi erano vacui ed indagatori, il cappello calato sulla fronte, avrebbe giurato di averlo già visto, ma non riusciva a ricordare dove. Poi improvvisamente tutto finì, li vide rivestirsi, avrebbe voluto scappare e nascondersi, vergognoso, senza far sapere a sua moglie che aveva visto tutto, ma era come avesse i piedi inchiodati per terra. Poi la portiera si aprì e ne discese Joan, lei parlò velocemente con il cliente seduto dentro l’auto, questi le allungò una rosa rossa dal gambo lungo, lei la prese ringraziandolo con un sorriso. La portiera si richiuse silenziosamente e la berlina ripartì per destinazione ignota, Joan gli sorrise e gli prese la mano, senza una parola si diressero verso casa.

Il riposo, dormire senza pensieri, che meraviglia, rannicchiato nel mio letto mi sto godendo il momento, che nessuno lo interrompa per favore. Ma sento qualcuno che mi sta tirando per un braccio, faticosamente apro gli occhi e vedo la mia Joan che mi strattona, “Dai, ma sei ancora a letto? Muoviti che è tardi, dobbiamo andare, pensavo fossi già vestito e dormi ancora, sarebbe ora la smettessi di stare sempre fuori!”, l’irritazione di mia moglie era chiaramente percepibile. Mi guardo intorno, è tutto come ricordavo dalla sera prima, è stato tutto solo un incubo evidentemente, la berlina, il litigio, per fortuna era solo un brutto sogno.
“Certo cara, scusami amore, dammi 5 minuti che mi lavo la faccia e mi vesto e saremo fuori in un attimo, non vedo l’ora di rivedere i tuoi”, le dico con dolcezza. Vedo la sua irritazione svanire, “Dai, muoviti, intanto io vado a preparare il caffè”.

Mi reco in bagno e mi riprendo con un bel getto di acqua fredda, poi mi reco nella stanza guardaroba per vestirmi, nel cesto della biancheria sporca vedo dei vestiti tutti stropicciati, una mini-gonna, una canottiera, delle calze, uno slip, un balconcino. Si vede che finalmente si è decisa a metterli a lavare, sono giorni che erano lì in giro. Poi noto qualcosa di strano sul mobile posto nella stanza, una bellissima rosa rossa dal gambo lungo è in un vaso al centro della mensola. Rimango a fissare il tutto pensieroso, poi prendo i miei vestiti e torno in camera da letto a prepararmi.



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