ISPIRAZIONE: c'è sempre un prezzo da pagare, fino a che punto sei disposto ad arrivare?


Il terrore di ogni scrittore, fissare la pagina bianca aspettando che tanti piccoli caratteri la riempiano diventando progressivamente parole e poi testi. Resto lì a guardare la pagina bianca, mi sforzo, e più penso meno scrivo, nulla! Nessuna idea decente, banalità e abbozzi che non scriverei nemmeno sotto tortura. La rabbia dell’impotenza che mi assale, una frustrazione profonda, decido di staccare ed andare fuori, avverto mia moglie ed esco. Vago per le strade della città, la sera che scende, la gente corre di fretta, ragazzi che ridono per strada, coppie che si dirigono verso i locali, le macchine riempiono le strade, le luci creano ombre e riflessi, mani in tasca ed umore nero mi infilo in un pub che vedo spuntare dietro l’angolo. Boiseries e ottoni, spine e luci giallastre, è uno di quei posti alla moda che imitano gli originali d’oltre Manica, mi siedo ed ordino una birra rossa in cui affogare la mia rabbia mentre estraggo un foglio bianco ed una penna e li stendo sul tavolino. Osservo la variegata umanità che affolla il posto cercando un’idea, una ispirazione, ma nulla da fare. Poi succede qualcosa, un uomo si stacca da un angolo buio, nemmeno lo avevo notato, e si viene a sedere di fronte a me.
“Buonasera Florian”, mi saluta.
“Ci conosciamo?”, gli chiedo osservandolo meglio, sono sicuro di non averlo mai visto.
“Diciamo che io so molte cose di te, e forse posso aiutarti.”, mi risponde.
“Posso sapere come si chiama? Cosa sa di me? E come potrebbe aiutarmi?”, gli rispondo di malavoglia e con tono scontroso.
“Puoi chiamarmi Lucien, io mi interesso alle persone, mi pare che quel foglio continui a rimanere bianco, aggiunge allungandosi verso di me per guardarlo meglio. Poi estrae una sigaretta e se la mette in bocca.
“Qui è vietato fumare!”, gli ricordo.
“Vedrai che nessuno avrà niente da ridire”, mi rassicura, noto che la brace è accesa, ma non esce un filo di fumo. Poi si gira verso la cameriera ed ordina un whisky d’annata. Una volta servito lo assaggia con una espressione beata, si torna a girare verso la cameriera e mi dice “Carina la ragazza, peccato non sappia scegliersi gli uomini con cui stare, forse un giorno l’andrò a trovare…” aggiunge con aria meditabonda. “Ma veniamo a noi Florian, allora questo nuovo libro a che punto si trova?”
“Non vedo come la cosa la possa interessare, non è certo lei il mio agente, e non sono dell’umore migliore per parlarne, come vede non va molto bene!”, gli rispondo indicando il foglio immacolato.
“E sei qui a cercare ispirazione, idee, una storia da raccontare giusto?”
“Potrebbe essere, lei ne ha una da raccontare?”
“Ne avrei migliaia, ma la storia migliore è sempre quella che deve ancora essere inventata non trovi?”
“Cosa intende? Comunque per ora non ho storie né passate né future, è un momento così, passerà prima o poi.”
“Mi pare che la tua casa editrice sia un pezzo che aspetta, e che si stia stancando, come era l’ultima cosa che ti hanno detto? Entro fine mese vogliamo qualcosa oppure dovremo ripensare a tutto? Giusto?”
“Non so come faccia lei a saperlo, ma è così. E’ uno della concorrenza per caso?”, gli chiedo bevendo altra birra.
“No, no, non mi occupo di scrittori, non in maniera specifica perlomeno, io aiuto le persone”
“E vorrebbe aiutare me? E come se posso saperlo?”
“Florian, ogni cosa ha il suo prezzo, tu sei disposto a pagarlo? Qualunque prezzo? Fino a che punto sei disposto ad arrivare?”
“Al punto in cui sono arrivato potrei pagare qualunque prezzo in via teorica”, rispondo ridendo amaramente, “se non fosse che i miei conti sono a fondo scala, posso giusto tirare avanti al momento”.
“Non mi interessano i soldi, al limite posso farteli guadagnare, come una volta, prova a guardare questa storia, se ti può interessare ovviamente…”, mi dice allungandomi un foglio fittamente scritto.
Lo leggo avidamente, è quello che avrei voluto scrivere io, ma non sono stato io a farlo, una storia decisamente strana, contorta, misteriosa ed intrigante, densa di pericoli nascosti, ma così affascinante da non riuscire a staccarvisi. E’ solo un inizio, ma che principio!
“Interessante”, gli rispondo fingendo noncuranza, “ma non è mia, non pubblico cose scritte da altri, ho ancora il mio orgoglio perlomeno. E poi è solo un inizio.”
Lucien scossa una cenere invisibile nel piattino sul tavolo, è completamente vestito di nero, completo giacca e pantaloni ed una maglia a girocollo sotto. “Mettiamo che quell’inizio possa trasformarsi in una storia scritta da te, saresti disposto a pagarne il prezzo? Ti posso dire come proseguirla se vuoi.”
La rileggo, è bellissima, incredibile, non so come si svilupperebbe, ma è un racconto magnetico.
“D’accordo, mettiamo che accetti, ma di che prezzo stiamo parlando?”
“Devi fidarti di me, ora devi deciderti, o accetti ed iniziamo la storia, oppure ci salutiamo e sarà come se non ci fossimo mai incontrati, sì o no, prendere o lasciare”.
Rimango in silenzio, guardo il locale, rileggo il foglio, le parole hanno un fascino assurdo, non riesco a staccarmene, voglio sapere come andrebbe avanti, anche se temo, ho un accennato timore, che potrebbe costarmi caro. “D’accordo, accetto, cosa devo fare?”.
Lucien sorride, “Bene ora ti spiego, vedrai…”

Leggo l’incipit del racconto scritto sul foglio, Lucien mi ha detto di seguire quanto scritto, prendo il cellulare e telefono a casa, quando risponde mia moglie, subito preoccupata dell’improvvisa chiamata, ancora in ansia vedendo lo stato in cui versavo quando ero uscito, le spiego cosa vorrei. Rimane perplessa, mi chiede se sto bene, pensa che stia scherzando, insisto, ovviamente tralascio di dirle di Lucien. Mi limito a dirle di avere avuto un’idea che vorrei sviluppare e le spiego cosa vorrei da lei, fra l’altro sono cose che fino ad un certo punto avevamo già fatto in passato, per gioco, ora la cosa è più seria, ma come detto dal mio dirimpettaio di tavolino, “c’è sempre un prezzo da pagare”.

Lucien mi fissa soddisfatto, ha assistito alla telefonata in silenzio, ora sta assaporando il suo whisky, io ordino un’altra birra, ne ho decisamente bisogno. Mi guardo intorno, ci sono gruppi di amici ad un paio di tavoli grandi, altre coppie che bevono e mangiano stuzzichini su tavolini più piccoli, alcuni uomini soli sono al bancone a bere, varie età e tipologie. Passa del tempo, sapevo che ci voleva il necessario perché si preparasse, poi ad un certo punto si apre la porta a vetri del locale ed entra mia moglie. Joan è bellissima, indossa una minigonna di pelle aderente che le fascia i fianchi, le calze nere si infilano in paio di stivaletti di pelle lucida, sopra porta una giacca di pelle chiusa con una zip. I capelli neri sono fermati sulla nuca con un fermaglio lasciando cadere molte ciocche sparse, gli occhi verdi scrutano il locale, mi vede ma finge di non conoscermi e con indifferenza si reca al bancone.

Mi pare di essere tornato indietro di qualche anno, quando ancora facevamo le nostre piccole fantasie, minimi giochi che avevo scordato nella noia del tempo che scorre. Si siede su uno degli sgabelli al bancone, accavalla le gambe mostrando la perfezione delle cosce, sulla lycra delle calze lucenti spiccano mille piccoli riflessi affascinanti. Io inizio a scrivere, le parole iniziano a fluire, osservo ciò che accade e descrivo con la mia penna, Lucien mi guarda soddisfatto. Joan ordina un cocktail, il barista si avvicina e le serve un Negroni, lei si slaccia la giacca di pelle per muoversi meglio e mette in mostra un corpetto di pelle chiuso da stringhette che lascia scoperto l’ombelico, indubbiamente quando vuole fare colpo sa come vestirsi sexy. Le parole continuano ad apparire sul foglio che non è più bianco, racconto tutta la scena nei minimi particolari, ora è tutto fermo, lei beve il suo cocktail, altri avventori la guardano come normalmente capita quando si ha davanti una bella donna. La penna si ferma nella mia mano, non succede più nulla, e adesso? Poi, come se si fosse animata di vita propria inizia a far scorrere la penna sul foglio aggiungendo nuove parole “…un uomo alto, di bell’aspetto, sta bevendo poco discosto da lei con un amico, parlottano poi…”. Sto inventando, ma come magia vedo che l’uomo al bancone di cui stavo scrivendo esegue esattamente quello che avevo appena raccontato nel mio foglio, si avvicina a mia moglie vedendola rovistare dentro la borsetta, con una sigaretta in una mano ed un accendino rosso nell’altra, “Sta cercando una sigaretta signora?”. Lei sorride ed annuisce, lui fa per accenderla, ma interviene il barista ricordandogli che lì dentro è vietato, a che lui allarga le mani e le mette nella tasca della giacca la sigaretta e l’accendino rosso. “Allora potrò almeno offrirle da bere se me lo permette?”. Io scrivo “…la donna al bancone guarda l’uomo, non dà segni di particolare interesse, ma in realtà è lusingata e non lo trova niente male, accetta da bere…”.
Sobbalzo, mia moglie sta accettando la compagnia ed il cocktail offerto dallo sconosciuto, ancora una volta quello che ho scritto si sta avverando. Sicuramente solo un caso che rientra nel gioco, ma che comunque mi sta dando l’ispirazione per scrivere, sposto lo sguardo su Lucien, lui mi fissa con occhi vacui, ma complici e soddisfatti. Osservo Joan e l’uomo che continuano a parlare, ridono e scherzano affabilmente, si è creato evidentemente del feeling, io mi rimetto a scrivere, segno caratteri che vanno a comporre parole, mi pare di essere un drogato, mi sento rinato. Tutto è fermo, li fisso mentre parlano, vedo l’amico del primo uomo stare da solo fissando distrattamente la televisione in alto, “…anche il secondo uomo prende il suo bicchiere si avvicina alla coppia formata da mia moglie ed il suo amico…” scrivo, e magicamente, o forse dovrei dire diabolicamente, succede esattamente questo. Sento lo sguardo di Lucien tagliarmi in due e le sue parole risuonarmi nella mente “c’è sempre un prezzo da pagare, fino a che punto sei disposto ad arrivare?”.
Il secondo uomo si pone alla sinistra di Joan visto che il suo amico si era messo alla sua destra, appoggia il bicchiere vuoto sul bancone ed ordina un nuovo giro per tutti e tre, Joan cerca di schermirsi, ma alla fine accetta. Altri tre cocktail vengono serviti, e più l’alcool scende, più le risate ed i sorrisi aumentano, lei sta vistosamente flirtando con i due dandogli delle piccole pacche sulle braccia e le mani quando questi diventano troppo intraprendenti.

La cosa va avanti così, pare arrivata ad una situazione senza sbocco, la mia penna si è fermata a questo punto, ed ora? La frustrazione mi riassale, non ho ancora una storia! Lucien mi guarda sorridendo con le labbra strette, lo sguardo divertito “Ed ora Florian?”, mi apostrofa, “chiudiamo ed andiamo via o proseguiamo la serata?”. “Vuoi chiuderla qui? O vuoi scrivere ancora? E fino a che punto vuoi scrivere? Fino a che punto sei disposto ad arrivare? Quanto è alto il prezzo che sei disposto a pagare?”.
Sono combattuto ed impaurito, non posso buttare via tutto proprio adesso, ma quanto mi costerebbe andare avanti? Una rabbia profonda mi assale, mesi e mesi di umiliazioni, deriso da colleghi ed amici dietro le spalle per la mia incapacità di scrivere nuovamente. La mia mano riprende a vergare parole mentre Lucien mi sorride soddisfatto, “…anche l’ultimo giro offerto dal secondo uomo è finito, ora il primo si accosta all’orecchio di mia moglie e le sussurra qualcosa…”.

E come prima tutto accade e poi vive di vita propria, Lucien fissa il trio con palese interesse mentre il primo uomo si reca alla cassa e salda il conto totale, il secondo tiene galantemente aperta la porta per fare uscire Joan che si è richiusa il giacchino di pelle. Aspettiamo che il primo prenda il resto e segua gli altri due e ci alziamo, pago le nostre consumazioni senza nemmeno aspettare il resto e corriamo fuori. Io ho il foglio in mano, sopra una cartelletta rigida che mi permette di continuare a scrivere, Lucien è impassibile e mantiene un’espressione che non lascia trasparire nessuna emozione. Davanti a noi il trio composto dai due uomini e Joan percorrono il marciapiede continuando a ridere e scherzare, probabilmente si sono offerti di scortarla fino a casa. Guardo il foglio che ho in mano, sarebbe una fine ben banale, scontata, senza nerbo, ma anche un prezzo nullo da pagare. Lucien si gira e mi fissa, “Quindi Florian? Finisce così? Credevo sapessi fare di meglio sinceramente, mi stai deludendo!”, il suo sorriso beffardo e canzonatorio mi trapassa. Deludendo, già. Sono invaso dalle delusioni che ho patito, da quelle che ho fatto subire a chi credeva in me, ma sono disposto a pagare un prezzo estremo per evitarne l’ennesima e risorgere? Fisso il trio davanti a noi e ricomincio a scrivere, “…i due uomini fanno, come se fosse naturale ed involontario, passare le loro braccia attorno alla vita di Joan…”. Ed anche stavolta tutto accade pedissequamente come ho scritto, non riesco più a comprendere e distinguere se sia un sogno o il tutto sia tremendamente reale, ma Lucien mi regala un sorriso soddisfatto che mi dà nuova linfa. “…i tre sono ora abbracciati, sempre più stretti, il primo uomo, alla sua destra, prova ad accostare le sue labbra al collo di mia moglie che lo respinge con una risatina ed un piccolo schiaffetto scherzoso, proseguono ancora a piedi, poi…”.

E’ un misto tra quello che scrivo e quello che accade, sembra che io accenda la miccia e poi la storia viva di mezzi propri, ma su questi non ho nessun controllo, posso solo guardare cosa succede e raccontarlo, ed inizio a sospettare cosa volesse dire il mio compagno “sul prezzo da pagare”. Joan ed i due uomini stanno arrivando alla fine del marciapiede, l’alcool pare avere allentato molte inibizioni, ora il secondo uomo le avvicina le labbra al collo e lei non fa più niente per dissuaderlo. La strada finisce in una piazza da cui si dipanano numerose arterie, il traffico di auto è molto ridotto vista la serata infra-settimanale e l’orario, i passanti radi e di fretta. Mia moglie indica la strada che porta a casa nostra, ma i due uomini iniziano a sussurrarle alle orecchie, odo distintamente la risata di Joan che risuona argentina. “…dai siete pazzi, non si può fare, per chi mi prendete…”, scrivo io. E la scena prende vita, anche i due ridono ammiccando ed indicando il centro della piazza, su cui si intravede una baracchina che a quell’ora è chiusa. Il secondo uomo alla sua sinistra fa scendere il braccio dalla vita sotto la cintola di Joan stringendole i glutei fasciati dalla minigonna in pelle, guardo le sue gambe affusolate, le sue calze con la riga dietro che la slanciano, i tacchi. Il primo uomo estrae un mazzo di chiavi e glielo mostra indicando il localino al centro della piazza, tra alberi e panchine. Ora sono lì fermi, sul limitare del passaggio pedonale che porta alla rotonda centrale, è chiaro che loro le hanno proposto qualcosa e Joan è indecisa, continua ad indicare ridendo la direzione di casa nostra mentre loro fanno tintinnare le chiavi e mostrano invece il gazebo di fronte.

Lucien mi fissa indagatore, “Ed ora Florian? Cosa succederà? La storia finisce qui? Senza un vero perché? E’ tutto qui quello che sei disposto a pagare? Ti fai bastare questo?”
Fisso la scena del trio di fronte a me, guardo i fogli che ho in mano, fittamente scritti, so di avere in mano una bomba, ma manca l’innesco, è incompiuta, manca l’ultimo passo. Ma sarebbe estremamente costoso, sono davvero disposto a pagare un prezzo così alto per chiudere un capolavoro? Sono diventato così egoista da mettere la mia ambizione davanti a tutto? Guardo Lucien che mi fissa completamente privo di espressione, comprende che sto per lasciare ed una piccola smorfia di disgusto gli inclina un lato delle labbra all’ingiù. E’ la spinta che mi mancava per oltrepassare l’ultima porta del mio personale inferno, proseguo a scrivere “… lei si lascia convincere ed i tre, abbracciati, attraversano rapidamente sulle strisce pedonali dirigendosi verso il chiosco al centro della piazza…”.

Io e Lucien, che ora mi sorride benevolo, li seguiamo a ruota, abbastanza a distanza da non farci vedere, ma seguendoli con attenzione. Arrivano davanti alla baracchina, l’isola verde al centro della piazza è grande e deserta totalmente o quasi, solo un barbone dorme ignorando tutto e tutti su di una panchina di fronte all’entrata. Il primo uomo con le chiavi che aveva fatto tintinnare armeggia un poco con il lucchetto che preclude l’accesso al chiosco, il secondo intanto ha spinto Joan contro la parete e la sta baciando sul collo mentre le fa scendere la zip del giacchino. Il primo riesce ad aprire finalmente la porticina, la spalanca mostrando un locale che viene usato come ripostiglio, ci sono casse ammassate, faldoni di vuoti di vetro, sacchi, i tre entrano ridendo, il secondo cerca di chiuderla, ma mia moglie lo ferma “No, no, no, lasciala aperta”.
Il primo uomo apre un frigo nell’angolo e ne estrae tre birre che distribuisce dopo avere fatto saltare il tappo, iniziano a bere nuovamente, ridono a più non posso, il primo uomo si toglie il collo della bottiglia dalla bocca e ne versa parte sulla spalla destra di Joan, la birra inizia a scenderle giù per il corpetto, visto che il secondo uomo le aveva aperto la giacca. Io continuo a scrivere come un forsennato mentre Lucien fissa la scena senza dire una parola, il barbone ha aperto un occhio e sta guardando anche lui, senza peraltro mostrare il minimo interesse per quanto accade, forse è anche disturbato dai rumori.

Ora sono lì a contatto tutti e tre, non sta succedendo niente a parte qualche mano allungata e qualche timido bacio sulle spalle, potrebbe chiudersi lì, ma la profondità dell’animo umano è insondabile, l’ossessione che ti prende e non ti dona tregua. La penna stretta nella mia mano ricomincia a muoversi, come se avesse una propria personalità autonoma dalla mia volontà, “…lei risponde all’ennesimo tentativo di bacio del primo uomo e lui ne approfitta per porle le mani sui fianchi ed alzare la minigonna di pelle fino alla cintola…”. Ora si vedono distintamente le balze in pizzo delle autoreggenti che indossa Joan, vedo chiaramente il suo respiro diventare affannoso mentre la bocca del primo uomo si unisce alle sue labbra. Le mani di lui stanno giocando con il perizoma che mia moglie indossa, lei gli ferma i polsi con le mani, evidentemente non vuole andare oltre un certo punto. Il secondo uomo intanto le ha fatto scendere il giacchino a metà braccio, ora lei ha le spalle scoperte e minore libertà di movimento, ma non la stanno forzando a nulla, non ci sono pericoli, nulla cui lei sia costretta a fare.

Io fisso la scena ipnotizzato, le mani stanno descrivendo il tutto senza bisogno dei miei occhi che sono fissi nel locale di fronte, Lucien mi rivolge lo sguardo dicendomi “Florian, amico mio, se vuoi puoi fermare tutto, basta che tu lo scriva…”. Sposto alternativamente gli occhi da lui al foglio alla scena di fronte, vorrei semplicemente scrivere “…lei li ferma e dopo un frettoloso saluto esce rientrando a casa da suo marito che l’aspetta in ansia…”, ma non ci riesco a mettere giù una fine così banale. Sono ambizioso, sto facendo quello che ho sempre sognato, scrivere un capolavoro, sono ad un passo dalla vetta, basta con le delusioni, i rimbrotti, le prese in giro, le illusioni, oggi o mai più. Se dovessi rinunciare ora non avrei più la forza di riprovarci. E quindi la mia penna ricomincia a muoversi senza sosta “…le labbra del secondo uomo si posano sulla spalla sinistra di Joan, le sue mani corrono davanti, si fermano sulle stringhette del corsetto…”, ed iniziano ad aprire i gancini uno ad uno.

Con l’ultimo dei gancetti che schiocca secco aprendo in due il corsetto e mostrando un balconcino nero che ricopre i seni di Joan saltano anche gli ultimi argini, le risate diventano gemiti e mugolii, è proprio lei a togliere le mani dai polsi del primo uomo che le sta di fronte lasciandolo libero e spostandole sui suoi pantaloni, sono inebetito ed affascinato mentre insisto a scrivere tutto. Vedo che lei gli slaccia i pantaloni che cadono ai suoi piedi, gli fa scendere i boxer attirandolo a sé, lui le scosta lo slip entrando in lei ed iniziano a fare sesso in piedi, con foga selvaggia, penso che dovrei interrompere tutto, ma continuo a scrivere imperterrito sotto lo sguardo vigile di Lucien. Il secondo uomo sempre dietro di lei apre anche il gancio del reggiseno di Joan lasciando che i suoi splendidi seni restino liberi, il primo uomo si scosta leggermente mentre il secondo insinua la testa fra i due prendendole i capezzoli fra le labbra. Mentre il barbone continua a fissare il tutto con ostentato disinteresse, il primo uomo raggiunge il piacere e si scosta lasciando il posto al secondo, questi guarda Joan, poi la fa inginocchiare, lei si appoggia sul terreno rovinando inevitabilmente le calze nel punto di contatto. Apre i pantaloni del secondo uomo e poi gli fa scendere gli slip fissandolo.

Anche Lucien mi fissa, “Allora Florian, il tutto vale il prezzo che devi pagare? Sei sempre disposto ad andare fino in fondo? Per avere tanto bisogna pagare tanto, quanto è forte la tua bramosia?”. Io non rispondo, sono in preda ad una forma di ansia oppressiva, per quanto la ragione mi dica di fermarmi, non riesco e scrivo, “…la donna afferra il sesso del secondo uomo e lo bacia…”. Poi lui la fa alzare, la invita dolcemente a girarsi, lei si appoggia con le mani alla parete mentre lui scivola dentro di lei con arrogante protervia. Mentre il barbone si è seduto, evidentemente i tre sono riusciti ad attirare la sua attenzione alla fine, Joan è scossa da tremiti sempre più forti e sia lei che il secondo uomo raggiungono l’apice. E’ mentre scrivo queste ultime parole che improvvisamente sento una cappa di buio calarmi addosso, tutto si annebbia, vedo annebbiato Lucien che mi appoggia una mano sulla spalla sorridendomi compiaciuto, sullo sfondo vedo tre persone allontanarsi abbracciati verso la strada che porta a casa mia, poi più niente.

Sento dell’acqua fredda sul viso, alcuni schiaffetti sulle guance, apro lentamente gli occhi, sono a terra, di fronte a me il chiosco, la porta è chiusa e pare da molto tempo. Sopra di me il barbone mi sta chiedendo come sto, “Signore, signore, come sta?”
“Sì, bene”, rispondo confuso, “cosa è successo?”
“L’ho vista per terra quando mi sono svegliato, mi ha spaventato, vuole che chiami qualcuno?”
“No, no”, rispondo alzandomi lentamente, abito qui vicino, forse ho bevuto troppo stasera, ora vado a casa.
Cammino come in trance verso casa, ripenso a Joan, ai due uomini, ho tante immagini sconvolgenti nella mente, troppe emozioni e sensazioni in una sola sera, ma poi è stato vero o solo un sogno? Arrivo a casa, apro la porta, entro e vedo mia moglie, vestita come la ricordavo prima, corsetto, minigonna di pelle, stivaletti, calze con la riga, bellissima. “Cosa fai così le chiedo?”
“Ma mi prendi in giro? Tu piuttosto? Stavo guardando un film, mi telefoni di raggiungerti, mi fai vestire così come se andassimo in discoteca, poi dentro al pub dove mi hai detto di venire non c’eri. Ti ho aspettato un poco bevendo qualcosa, ho provato a telefonarti, ma non mi hai risposto, alla fine sono tornata a casa ad aspettarti ed ero anche preoccupata. Stai bene?”
“Sì, sì, tu invece?”
“Bene, bene, adesso che sei qui sono tranquilla”, risponde, poi tira fuori dalla tasca una sigaretta ed un accendino, rosso…
Lo fisso raggelato, faccio scorrere lo sguardo su di lei, “Amore, hai le calze rotte sulle ginocchia, te ne sei accorta?”, le parole mi escono con noncuranza mentre dentro di me si agita un vulcano di pensieri.
Lei fissa le proprie ginocchia, “Sì, sì, prima mi era caduta dell’acqua per terra e mi sono chinata a raccoglierla, dopo le getto non è un problema, sono vecchie”.
Non so cosa pensare, mille idee mi attraversano la mente, non mi pare possibile possa essere successo qualcosa, sicuramente le calze si sono rotte come dice e l’accendino è suo o l’ha trovato in giro.
In quel mentre suona il cellulare, lo sento trillare in tasca, metto le mani dappertutto non capendo dove l’ho infilato. Dalla tasca destra estraggo una serie di fogli scritti fitti fitti, tutto il racconto che avevo sognato è lì. Mentre fisso il manoscritto rispondo al telefono, è il mio agente letterario, “Florian? E’ fantastico! Ho portato il tuo lavoro all’editore, è entusiasta, ti vogliono vedere domani per stendere il contratto, hanno paura che tu vada da qualcun altro. Prevedono vendite infinite, l’hanno definito un capolavoro!”.
“Il mio lavoro?”, rispondo confuso, “ma quando l’hai ricevuto?”, gli chiedo?
“Quando? In che senso? Ma stai bene Florian? Mi sembri strano. Me l’hai fatto avere tramite un tuo amico, ieri mattina, ha detto di chiamarsi Lucien.”.
La testa inizia a girarmi senza sosta, “Ah Lucien, certo, scusami, ero fuori a festeggiare ed ho bevuto troppo mi sa, bene, ci sentiamo domattina, molto bene, grazie.”
Mentre ripongo il telefono sul tavolo guardo l’altro oggetto che mi sono trovato in tasca, si tratta di una sigaretta, sottile, stranamente la brace è accesa, ma non è consumata, non esce fumo e non brucia.

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